dottoressa
LUISA PIERRO
Medico Chirurgo Specialista in Oftalmologia
Patologia della Retina e Diagnostica Oculare

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Spectral Domain OCT oggi

La Tomografia Ottica a Radiazione Coerente, comunemente chiamato OCT, in dieci anni dalla sua introduzione nella pratica clinica, è diventato esame diagnostico insostituibile in molteplici patologie oculari. I campi di applicazioni spaziano dalle patologie di natura infiammatoria, degenerativa, chirurgica, eredo-degenerative a patologie del nervo ottico.
Un raggio laser, un diodo a bassa coerenza di lunghezza d’onda variabile tra gli 840 e gli 870 nanometri, raggiunge la superficie retinica e determina una sorta di ricostruzione istologica, simile a una Biopsia Ottica degli strati retinici.
Il crescente interesse della comunità scientifica nei confronti di tale metodica ha fatto sì che nel giro di pochissimi anni ci sia stata una sua rapidissima evoluzione culminata con la creazione degli Spectral OCT, SDOCT. Sfruttando il principio della spettrometria i nuovi SDOCT permettono di ottenere immagini ad alta definizione con una risoluzione di 5 micron e una velocità di acquisizione che varia dai 20000 ai 40000 A-scan al secondo. In questo modo vengono eliminati gli artefatti determinati dai movimenti involontari degli occhi dei pazienti durante lì esecuzione dell’esame ed è possibile visualizzare in dettaglio le microstrutture retiniche.

MOTIVI DEL SUCCESSO DELLO SDOCT

Si tratta di una metodica:

  1. Non invasiva
  2. Non utilizza alcun mezzo di contrasto
  3. Non necessita di dilatazione pupillare
  4. E’ di rapida e facile esecuzione
  5. E’ ripetibile
  6. Dà immediata risposta al quesito diagnostico
  7. E’ ben tollerata dal paziente
  8. Di facile apprendimento

SITUAZIONI PATOLOGICHE IN CUI E’ UTILE RICHIEDERE UNO SPECTRAL OCT:

  1. In presenza di pazienti miopi, specie se con miopie elevate, con alterazioni corio- retiniche. Quadri retinici maculari aspecifici sia all’esame oftalmoscopico che all’esame fluorangiografico mostrano allo Spectral OCT i più diversi quadri patologici, che vanno dal foro maculare alla membrana epiretinica, alla membrana neovascolare alle alterazioni dell’interfaccia vitreo-retinica.
  2. In pazienti con vasculopatie, quali il diabete o l’occlusione venosa, per monitorare in termini quantitativi lo spessore retinico pre e post trattamenti o nella diagnosi precoce degli stadi preclinici della malattia diabetica, quali la comparsa di micropseudocisti intraretiniche.
  3. In pazienti con maculopatie degenerative essudative per valutare l’entità del liquido intraretinico e decidere il corretto approccio terapeutico con Anti-VEGF. L’OCT viene preferito alla fluorangiografia nel monitoraggio mensile dell’attività della lesione e per deciderne l’eventuale ritrattamento.
  4. In pazienti con malattie eredo-degenerative quali la retinite pigmentosa, la distrofia dei coni, le pattern distrophy, per valutarne lo stadio evolutivo, quantificarne l’eventuale edema maculare e le modificazioni microstrutturali degli strati retinici, soprattutto a livello dello strato dei fotorecettori.
  5. In pazienti con patologie vitreo-retiniche quali sindromi dell’interfaccia vitreoretinica, fori maculari, lamellari o a tutto spessore per seguirne l’evoluzione e deciderne i tempi dell’approccio chirurgico. Ricordiamo che lo studio del vitreo ha ottenuto sorprendenti successi diagnostici con l’avvento degli SDOCT.
  6. In pazienti con patologie, che si verificano dopo interventi chirurgici (facoemulsificazione, cerchiaggi chirurgici, vitrectomie) soprattutto per comprenderne gli eventuali deficit funzionali, nonostante il successo anatomico, correlabili spesso alle alterazioni microstrutturali degli strati retinici.
  7. In pazienti con patologie infiammatorie della retina e della corio-retina, che determinano edemi intraretinici da monitorare anche in funzione del trattamento.
  8. In pazienti con patologie neurologiche, quali sclerosi multipla, neuriti ottiche, o in pazienti con glaucoma. La valutazione dello spessore delle fibre nervose aiuta a confermare il dubbio diagnostico e a valutare la progressione della malattia.
  9. Nelle patologie tumorali,(nevi ,angiomi, osteomi) per studiarne i segni di attività, sotto forma di essudazione intraretinica.
  10. In tutti quei casi in cui né l’esame obiettivo, né biomicrocopico o fluorangiografico consentono di chiarire deficit funzionali, metamorfopsie e scotomi. Infatti è stato dimostrato che le alterazioni dello strato dei fotorecettori e degli strati retinici esterni sono alla base dei principali difetti funzionali.

Da questa sommaria e breve descrizione risulta come non esista campo della patologia oculare in cui l’OCT di ultima generazione non trovi prezioso impiego. Si può comprendere adesso perché in pochi anni l'esame tomografico abbia da prima affiancato, poi, in molti casi soppiantato le altre tecniche diagnostiche.

E’ utile ricordare che le immagini tomografiche spesso chiarificatrici, in molti casi risultano di difficile o dubbia interpretazione. Tuttavia è proprio questa continua sfida alla corretta interpretazione delle immagini con cui giornalmente ci interfacciamo alla base del crescente successo di questa metodica.

Luisa Pierro

INFORMAZIONI CLINICHE

- Spectral Domain OCT
- Ecografia B-scan e
  A-scan Standardizzato

- Ultrabiomicroscopia (UBM)
- ANGIO_OCT (OCTA)
- Test genetico DMLE